L’URNA ARGENTEA DI SAN GERLANDO

L’urna argentea di S. Gerlando rientra nella secolare e profonda devozione che la popolazione agrigentina ha avuto, lungo il corso dei secoli, per il secondo fondatore della Chiesa di Agrigento.  La venerazione verso il corpo di San Gerlando si manifestò subito dopo la sua morte, e si accrebbe quando il suo corpo fu traslato dentro la chiesa, nel lato destro, sotto il Vescovo Gentile, nel 1159.

Nel marzo 1264 il Vescovo agrigentino Rainaldo fece la ricognizione del corpo del santo Vescovo, che fu deposto in un’arca di legno che venne dipinta, nell’occasio­ne, dal pittore mastro Vincenzo. Da allora venne anche celebrata, 15 giorni dopo Pasqua, la festa della traslazione.

Dalle numerose e interessanti ricognizioni effettuate da diversi Vescovi, da mons. Gentile a mons. Giuseppe Petraha, si può rilevare anche un grande e continuato amore verso San Gerlando. Nelle preziose pergamene, conservate nell’urna, si ha notizia di una cassa argen­tea, in particolare sotto il Vescovo Matteo de Fugardo (1362-1390). Si tratta di or­namentazione con lamine di argento che rivestivano, in tutto o in parte, la cassa lignea dipinta (Cfr.A. Noto, Le ricognizioni delle reliquie di San Gerlando, in Miscellanea in onore di mons. A.Noto, Agrigen­to 1985, pp.131-156; D.De Gregorio, San Gerlando, Storia e Racconti popolari, Agri­gento 1975, p.77).

La grande urna argentea, monumenta­le e splendida, risale però al Vescovo Francesco Traina (1627-1651), uomo ricchissimo quanto munifico, che nel suo lungo e travagliato episcopato realizzò numerose opere.Gli studi recenti ci forniscono particola­ri più precisi che arricchiscono le notizie già conosciute con nuovi e preziosi contributi per la conoscenza di questo singolare capolavoro.

La prima che valorizzò e inserì la Cassa reliquiaria di San Gerlando (come lei chia­ma) in un contesto più ampio, è stata Ma­ria Accascina che nella sua monumentale opera Orificeria di Sicilia, (Palermo 1975, pp.248 466…) riservò diverse pagine all’illustrazione dell’intera urna e di particolari, e anche espresse questo entusiastico giudizio: « La cassa reliquiaria di San Ger­lando nel Duomo di Agrigento è tutta sua, di Michele Ricca: iscrizione alla base «ma-gister Michael Ricca panormitanus anno salutis 1639 perfecit »; marchio con le sue iniziali M.R. accanto allo stemma di Palermo ripetuto in ogni dove, dalle testine degli angioletti che sostengono la base fino in alto alla figura del Santo in preghiera. Integra, nitida, l’opera eseguita senza collaboratori, presenta una unità stilistica serrata, illuminante sulla personalità dell’autore da permetterne la conoscienza e quel che amava e voleva e come e perché.  Amava la forma bella, i volti nobili, il di­segno accademico senza svolazzi e volga­ri realismi, lavorava con serenità non per seguire maniere ma per spontanea aderenza ad un proprio ideale. Sarebbe stato un fedelissimo allievo all’accademia dei Caracci ».

Anche mons. D.De Gregorio, nella nuo­va edizione del suo San Gerlando (Agri­gento 1988, pp.192-93), illustra molto bene quest’opera: « Nell’iconografia gerlan-diana particolare importanza assume l’urna argentea in cui si conservano le sue ossa, opera dell’argentiere palermitano Michele Ricca che la firmò, datandola al 1639.

Essa, come si era cominciato a praticare da qualche tempo in Sicilia, non è più un sarcofago, ma un piccolo carro trion­fale, come allora si usavano per le celebrazioni religiose. Sopra uno zoccolo di cornici aggettanti e ornate da ricchi festoni, sostenuto ai quattro angoli da teste di angeli, si innal­za il corpo rettangolare dell’urna, diviso in sei formelle, due ai lati maggiori e una ciascuna ai minori. Ai margini esterni di ogni lato si protendono due volute su cui stanno dei puttini reggenti insegne vescovili e accennanti al Santo e ai fedeli.

Il coperchio della cassa costituisce il fastigio del carro trionfale; sulla ricca trabeazione, ai lati minori, sono due angoli che reggono da una parte lo stemma di Sicilia e dall’altra quello del vescovo Traina.

Su di un magnifico plinto, infine, si in­nalza la statua del Santo che il Ricca, imi­tando il Reni dell’estasi di S. Filippo Neri, rappresenta in ginocchio, il volto ispi­rato e illuminato da una luce divina, con le braccia allargate in un gesto che è insieme di preghiera, di piena disponibilità alla voce di Dio e di invocazione per la città e diocesi e per i fedeli che lo onorano. Nelle formelle sono narrati alcuni epi­sodi della vita del Santo; l’incontro con Ruggero, il battesimo di Hamud, i fune­rali del Santo… ».

Due grandi novità vengono a chiarire e integrare quanto già noto. La prima è da­ta dal catalogo Ori e argenti di Sicilia curato da M.C.Di Natale (Palermo 1989) do­ve è riportato il regesto di un lungo atto notarile rinvenuto dalla ricercatrice dott.a Donatella Ruffino. Vi si trova il contratto d’impegno di M. Ricca col Vescovo Trai­na per eseguire una « cascia tutta d’argento et bianca… quale ha da servire per lo corpo seu reliquie di Santo Giorlando primo Vescovo Agrigentino ». Subito dopo il Ricca si impegna con Giovanni Nicola Viviano che gli deve realizzare 12 puttini d’argento per la medesima urna (p.393).

Inoltre nel catalogo della splendida mo­stra Pietro Novelli e il suo ambiente (Pa­lermo 1990, pp.388-9) è presentato il disegno della detta urna fatto da Pietro Novelli per il lavoro del Ricca. Si capisce allora come dalla collaborazione di tre grandi maestri sia venuta fuori una splendida opera d’arte.

Elio Di Bella

Posted by SanGerlando